Tempo di frequentazione dei figli tra collocamento e diritto di visita – Tempo di frequentazione dei figli tra collocamento e diritto di visita, un tema cruciale nel contesto delle crisi famigliari, delle separazioni e dei divorzi. Esploreremo come il tempo trascorso con i figli viene diviso tra i genitori, l’importanza del benessere dei minori e le diverse modalità attraverso le quali si cerca di garantire un equilibrio tra le esigenze di entrambi i genitori e quelle dei figli.
Ultimamente si parla molto del diritto alla bigenitorialità. Ma cosa significa davvero questa espressione? Si potrebbe immaginare un padre separato che, pur vivendo lontano, vuole continuare a vedere, sentire e frequentare i figli che abitano con la madre. Spesso, tuttavia, l’ex moglie o comunque il genitore collocatario, ostacola o impedisce questi incontri con vari pretesti, una situazione che si verifica molto frequentemente.
In tali circostanze, il padre escluso o ostacolato nel voler frequentare i propri figli rivendica il suo diritto, intraprendendo le necessarie azioni giudiziarie per tutelarlo. Tuttavia, il diritto alla bigenitorialità, contrariamente a quanto si possa pensare, non è dei genitori, bensì dei figli. Questo diritto è stabilito nel loro interesse, assicurando che possano mantenere, durante la crescita, un rapporto di costante, stabile e duraturo affetto con entrambi i genitori.
La Suprema Corte di Cassazione, in una recente ordinanza (Cass. Ord. 06/07/2022 n. 21425), ha chiarito cosa significa diritto alla bigenitorialità e le sue implicazioni per le coppie separate o divorziate, nonché per i figli di coppie non sposate.
La legge di riforma del diritto di famiglia (L. n. 54/2006) ha stabilito che il regime ordinario di affidamento dei figli dopo la separazione o il divorzio è l’affidamento condiviso. Con questo tipo di affidamento, entrambi i genitori esercitano la responsabilità genitoriale sui figli e devono prendere insieme le decisioni più importanti, come la scelta della scuola superiore. In caso di disaccordo, deciderà il giudice secondo l’interesse del minore.
L’affidamento esclusivo a un solo genitore si applica in situazioni particolari, come incapacità evidente di prendersi cura del minore, abusi, violenze e altri traumi. Questa incapacità non riguarda solo le necessità materiali, ma anche quelle educative e affettive.
Nei casi di affidamento condiviso, sebbene la responsabilità genitoriale sia attribuita a entrambi, si deve comunque individuare con quale genitore i figli vivranno dopo la separazione o il divorzio. Questo genitore è detto “genitore collocatario”. Solitamente, si predilige la madre per consentire ai figli di continuare a vivere nell’ambiente conosciuto.
Il genitore non convivente potrà vedere i figli nei periodi stabiliti, con un calendario degli incontri intervallato da contatti frequenti e costanti, garantendo il corretto esercizio del diritto alla bigenitorialità. Anche in caso di affidamento condiviso, la frequentazione è regolamentata in base alle rispettive esigenze pratiche.
L’articolo 337 ter del codice civile definisce il diritto alla bigenitorialità come il diritto del figlio minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e i parenti di ciascun ramo genitoriale. La norma impone al giudice di adottare provvedimenti relativi ai figli esclusivamente in base all’interesse morale e materiale del minore.
La Suprema Corte di Cassazione ha affermato che il principio di bigenitorialità implica la presenza comune dei genitori nella vita del figlio, garantendogli una stabile consuetudine di vita e relazioni affettive con entrambi. Anche in presenza di conflitti tra i genitori, il regime preferenziale dell’affidamento condiviso deve essere mantenuto, purché non si alteri l’equilibrio psicofisico dei figli.
Il giudice dovrà sempre privilegiare la soluzione che sembri più idonea a ridurre i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare, assicurando il miglior sviluppo della personalità del minore.
L‘affidamento condiviso in grado di garantire ai figli minori identici tempi di permanenza con ciascun genitore separato non solo è possibile in caso di accordi, ma incomincia ad essere previsto e riconosciuto anche dai Giudici. Le linee guida della sezione famiglia del Tribunale di Brindisi, che qui pubblichiamo, mostrano come con poche disposizioni ben congegnate si possa attuare un concreto affidamento condiviso, in grado di garantire ai minori di genitori separati di poter godere di identici tempi di permanenza con ciascun genitore, attenuando le conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla crisi familiare.
In questo modo si consente a ciascun genitore di instaurare un rapporto genitoriale paritetico, riducendo la conflittualità e salvaguardando l’interesse primario dei figli, che potranno beneficiare della presenza qualificante di entrambi i genitori, senza essere più costretti a scegliere tra un genitore primario ed uno secondario.
Attualmente, invece, l’affido condiviso, così come viene disciplinato nella maggior parte dei casi da parte dei Tribunali, fa rinascere sotto mentite spoglie un affidamento della prole che ha più le caratteristiche di un affido sostanzialmente esclusivo, con madre in genere collocataria prevalente della prole e il padre che diventa colui a cui vien “concesso” di vedere per qualche ora durante la settimana i propri figli, spesso privati di una figura genitoriale importante per una loro equilibrata ed armoniosa crescita affettivo-relazionale.
L’affidamento condiviso presuppone, invece, come base essenziale una genitorialità realmente cooperativa, collaborativa, con una paritaria condivisione del ruolo parentale, nel primario interesse dei figli minori.
Le linee guida della sezione famiglia del Tribunale di Brindisi, collegandosi alla risoluzione del Consiglio d’Europa n. 2079 del 02/10/2015 che ha invitato gli Stati membri a garantire l’effettiva uguaglianza tra genitori nei confronti dei propri figli e promuovere l’affidamento condiviso con tempi paritari presso entrambi i genitori, fanno rilevare che il “modello realmente bi-genitoriale” tutela il superiore interesse del minore.
Tutte queste importanti considerazioni hanno condotto diversi Tribunali ad attuare una più oculata e autentica applicazione dell’affidamento condiviso ed, in particolare, quello di Brindisi raccomanda dei principi generali a cui attenersi nella stesura degli accordi per una separazione consensuale da omologare, al fine di tutelare il legittimo e concreto affidamento condiviso, nell’ottica che il minore ha diritto ed esigenza di vivere pienamente con entrambi i suoi genitori.
Ecco alcuni di questi principi di indirizzo:
Con queste indicazioni il Tribunale di Brindisi fa un passo importante verso un concreto affidamento condiviso, che garantisce ai figli minori la compartecipazione responsabile e continuativa alla loro vita di entrambe le figure genitoriali, bandendo la figura del “genitore collocatario” che purtroppo molte volte cela una atipica forma di affido para-esclusivo.
Il diritto ad una autentica e concreta bigenitorialità non può rimanere una mera clausola di stile, in quanto ha una finalità fondamentale per una sana crescita della prole, che ha bisogno di avere accanto entrambi i genitori.
Sul punto è bene anticipare che non esistono regole prefissate dalla legge. È il giudice che decide caso per caso, tenendo conto di una serie di parametri. Prima però di spiegare come viene definito il calendario delle visite del padre (perché è a quest’ultimo che, il più delle volte, ci si riferisce quando si tratta di indicare il genitore “non collocatario”), sarà bene spiegare cosa succede all’atto della separazione, del divorzio e in cosa consiste invece il diverso concetto di “affidamento”.
Nel momento in cui il giudice fissa la collocazione prevalente del figlio presso un solo genitore, è obbligo dell’altro fargli visita per mantenere un solido rapporto affettivo e garantire al figlio il cosiddetto diritto alla bigenitorialità. Di solito, sono gli stessi genitori ad accordarsi per un calendario di visite che tenga conto dei rispettivi impegni lavorativi. Se ciò non avviene, sarà il giudice a stabilire tempi e modalità di frequentazione dei figli minori da parte del genitore non collocatario. La sentenza di separazione o di divorzio specifica quando il genitore non collocatario può ospitare o incontrare i figli, i periodi in cui essi devono trasferirsi presso la sua abitazione, e con quale genitore i figli devono passare festività o vacanze.
Questa decisione tiene conto di una serie di parametri e condizioni quali:
Quanto all’età, generalmente tanto più è piccolo il bambino tanto maggiore sarà il tempo che passerà con la madre anche in considerazione dal rapporto fisiologico dovuto anche ad esempio all’allattamento.
Le frequentazioni del padre dovranno quindi essere limitate a un arco di tempo ristretto, con il pernottamento eventualmente stabilito solo a partire da una certa età (ad esempio 4 anni), tenendo conto soprattutto del rapporto che con quest’ultimo è stato creato.
Una decisione della Cassazione (Cass. Ord. 06/07/2022 n. 21425), relativa alle frequentazioni e ai tempi di permanenza del minore di tenera età con il genitore non collocatario, ha individuato nel compimento dei 4 anni una sorta di spartiacque ai fini di determinare la tempistica, precisando che prima di quell’età i periodi di permanenza possano essere limitati per essere ampliati dopo il compimento del quarto anno.
Quanto al rispetto dello studio del figlio, bisogna tenere conto delle ore che questi impiega per la scuola. Il calendario di visite può riguardare solo i pomeriggi e non le mattine. Anche quando il figlio vada a stare dal padre, questi dovrà badare a fargli fare i compiti, a scapito del divertimento.
Una volta individuati i criteri generali, il giudice può:
In ogni caso, la legge non prevede l’obbligo di tempo paritario presso i due genitori: sarebbe impossibile e impensabile. Il figlio ha bisogno di una propria stabilità ed è normale che stia più tempo nel luogo ove ha la residenza.
L’affido condiviso, infatti, non equivale ad affido paritario: non ci dev’essere una perfetta ripartizione dei tempi con i genitori. Il giudice può stabilire un regime secondo cui il figlio rimane con il genitore collocatario per un tempo superiore rispetto all’altro, senza per questo violare i principi dell’affido condiviso, che non presuppone tempi uguali o simili di permanenza del figlio con entrambi i genitori. Il collocamento prevalente, insieme ad altri fattori quali le capacità lavorative e reddituali, può essere posto alla base della determinazione di un maggior contributo al mantenimento a carico dell’altro genitore.
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