L’art. 63 c3 disp. att. c.c. legittima l’amministratore condominiale, in caso di mora protratta per un semestre, a sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato[1].
Affinché si possa dunque procedere con la sospensione, la norma richiede la sussistenza di due presupposti: i. il protrarsi della morosità nel pagamento dei contributi condominiali per almeno un semestre e ii. la possibilità di godimento separato dei servizi comuni.
Tuttavia, per quanto il tenore letterale della norma appaia di agevole interpretazione, la sua concreta applicazione si scontra con i diversi orientamenti dei diversi Tribunali in cui viene invocata.
Difatti, talune pronunce di merito[2] suggeriscono un bilanciamento del disposto normativo con il principio costituzionale della salute, ritenendo l’art. 63 c3 disp. att. c.c. applicabile solo con riferimento ai servizi non essenziali.
Detto altrimenti, secondo tale giurisprudenza, l’acqua e il riscaldamento condominiale costituiscono beni essenziali della vita, ovvero diritti primari costituzionalizzati, perciò prevalenti rispetto ai diritti economici del condominio.
L’impostazione descritta, apparentemente ancorata ad un retaggio più etico che giuridico, omette di considerare che il legislatore, nell’attribuire la facoltà di sospensione all’amministratore, non operava alcuna distinzione tra servizi essenziali e non essenziali.
A ben vedere, è la stessa logica sottesa alla norma che mira a scongiurare che il condominio, quale ente di gestione della collettività dei condomini, si faccia carico sine die della morosità del singolo.
Questa è la sintesi di una recentissima pronuncia, peraltro adottata all’esito di un procedimento d’urgenza, emessa dal Tribunale di Perugia in data 9 marzo 2020 (che troverete al seguente link[3]).
Infine, per completezza espositiva, non possiamo non menzionare il D.P.C.M. del 29.8.2016, secondo il quale all’utente moroso che versi in condizioni di “documentato stato di disagio economico – sociale” dovrà comunque essere garantito un quantitativo minimo.
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[1] In particolare, la citata norma testualmente prevede: “In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato”.
[2] Tribunale di Bologna, ordinanza 15.9.2017: “Proprio con riferimento al servizio di riscaldamento ed acqua si sono così confrontati gli orientamenti negativi alla sospensiva in parola per i diritti primari costituzionalizzati (Trib. Brescia 29.9.2014; Trib. Milano 24.10.2013) e quelli positivi (Trib. Roma 27.6.2014; Trib. Alessandria 17.7.2015; Trib. Brescia 17.2.2014 e 21.5.2014), tutti valorizzanti l’aspetto assimilativo della fattispecie al rapporto diretto fra ente erogatore ed utente. Questo Giudice ritiene di aderire al primo orientamento, non senza sottolineare che dei servizi “essenziali” ha tenuto conto anche la legislazione statale, che, per quanto riguarda il servizio acqua, con il D.P.C.M. 29.8.2016 (Disposizioni in materia di contenimento della morosità nel servizio idrico integrato) ha comunque stabilito che ai soggetti indigenti, seppur morosi, va comunque garantita una fornitura di 50 litri al giorno pro capite. Ovviamente non è servizio essenziale l’utilizzo dell’antenna televisiva centralizzata, salvo ad osservare che parte ricorrente non ha allegato alcuno specifico costo ordinario in ordine alla stessa”.
[3] Sentenza tratta dal portale LeSentenze.it