Sono molte le ragioni di opportunità che possono portare un genitore, nell’ambito della gestione infra familiare degli immobili, a concedere l’usufrutto[1] al figlio pur mantenendo la nuda proprietà dell’immobile concesso in usufrutto.
Oggi vogliamo affrontare il caso della vendita della nuda proprietà, mediante contratto preliminare, da parte del genitore poi venuto a mancare prima della stipula del definitivo.
In tal caso, il terzo acquirente che abbia già versato una caparra, può agire giudizialmente contro il figlio (unico erede) per obbligarlo a vendere l’immobile promesso dal genitore defunto?
Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, “Il contratto preliminare di vendita della nuda proprietà non è suscettibile di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. nei confronti degli eredi del promittente venditore deceduto prima della stipula del definitivo, in quanto per gli eredi medesimi è venuta meno l’utilità rappresentata dalla riserva di usufrutto”.
Perciò, l’erede non potrà essere obbligato a vendere l’immobile di cui è divenuto pieno proprietario a seguito del decesso del nudo proprietario-promittente venditore.
Tuttavia, l’erede, in quanto tale, potrà comunque essere chiamato a rispondere nei limiti della caparra versata dal promissario acquirente al de cuius per l’impegno ad acquistare la nuda proprietà.
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[1] Trattasi di un diritto reale di godimento disciplinato dall’art. 978 e seguenti del codice civile e, in particolare, viene definitivo come: “Il diritto di godere della cosa altrui con l’obbligo, però, di rispettarne la destinazione economica (ius utenti salva rerum substantia). L’usufruttuario può, dunque, trarre dalla cosa tutte le utilità che ne può trarre il proprietario.”. (definizione dal Manuale di diritto privato XXI edizione – A. Torrente e P. Schlesinger – Giuffrè Editore).